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Nei panni di mia moglie

"Nei panni di mia moglie" pubblicato da Editrice Nuovi Autori

Imago mortis - un'esca per la regina nera

"IMMAGO MORTIS- un'esca per la regina nera" pubblicato da Il Filo


Tutto in una notte

di Andrea Saviano

Se c'era una cosa che Enzo amava sopra ogni altra cosa, questa era la vita all'aria aperta ed era per questo motivo che aveva scelto di fare l'allevatore. Infatti, quando il padre era morto, era stato lui a occuparsi delle bestie: un centinaio di vacche con relativo toro più una dozzina di ovini.

La sua, da secoli, era una tipica famiglia di montanari, tutti nati e cresciuti con l'assuefazione agli strapiombi, perché le vertigini non s'addicono a chi deve vivere tra canaloni così stretti e profondi da sembrare burroni.

Come in tutte le gole che si sviluppano da est a ovest o viceversa, anche in quella, per l'azione delle glaciazioni e dell'erosione, il versante a nord, costituito più che altro da brulla e friabile roccia, godevano del sole. Cosicché, per la presenza di un clima più temperato e per l'abbondanza del materiale da costruzione, lì erano sorti i paesi.

Sul versante opposto, invece, c'erano dei verdi panettoni collinari che i ghiacciai avevano formato tramite i loro depositi morenici, lì i valligiani allevavano e tenevamo a dimora le bestie.

A dividere i due versanti un solco stretto e profondo sul cui letto correva il torrente che dava il nome alla valle. A collegarli alcuni ponti poco adatti ai deboli di cuore.

Questa, per decenni, era stata l'orografia del posto, Tuttavia, da qualche anno, il paesaggio era cambiato. Lo sviluppo improvviso del Paese nel dopoguerra aveva generato un mostro industriale che, oltre ad ammorbare l'aria, i terreni e i fiumi, aveva anche una fame smisurata d'energia elettrica.

Così, scordati i bombardamenti, la pianura aveva imparato a convivere con una nebbia fatta di maleodorante smog che cominciava in autunno e terminava in primavera, mentre in montagna le dighe e le centrali idroelettriche erano spuntate più numerose dei funghi durante la stagione umida.

La cosa era iniziata con la realizzazione di piccoli bacini in modo da regolarizzare la portata dei fiumi troppo condizionata fino allora dalla glaciazione invernale delle sorgenti o dal loro prosciugamento durante il periodo estivo. La realizzazione di queste riserve d'acqua aveva trovato l'approvazione delle amministrazioni e il plauso delle popolazioni locale, perché l'acqua è vita e averla anche d'inverno o d'estate risolveva un reale problema per uomini e bestie. Poi c'erano anche fattori più puerili: la montagna da sempre significava arretratezza e disagio, quindi un tocco di modernità certo non poteva guastare.

Aumentando la domanda energetica s'era quindi assistito all'edificazione di vere e proprie opere faraoniche. Immense briglie in grado di affogare nell'acqua intere vallate. C'erano dei veri e propri esploratori che battevano l'intero arco alpino alla ricerca del profilo orografico ideale e proprio in quel modo era stata scovata la gola in cui Enzo viveva.

Il piccolo torrente che lì vi scorreva aveva avuto vita facile lungo i secoli nell'erodere i sedimenti depositati dalla glaciazione e la fragile roccia calcarea di cui erano composte le montagne. Perciò, millimetro dopo millimetro, aveva formato un canalone così stretto da sembrare un orrido o, come diceva quelli di città per darsi un tono, un canyon.

Fatto sta che qualcuno da qualche parte aveva pensato che tappare quel quarto di chilometro di gola avrebbe potuto fornire un bacino tanto grande da realizzare la “banca” dell'acqua. Un invaso in cui sarebbe stato possibile far confluire il prezioso liquido proveniente delle vallate limitrofe. Tutto sommato si trattava di confidare nella pioggia e di realizzare degli opportuni canali che spostassero l'acqua da un bacino all'altro.

Fatto sta che un bel giorno, davanti agli occhi di Enzo, tante persone simili ad alacri formichine avevano iniziato ad addensarsi a fondovalle per erigere (strato dopo strato) uno sbarramento tanto imponente da essere identificato a livello nazionale con il semplice termine di: “La diga”. Terminata l'opera, nel volgere di alcuni mesi quello che per millenni era stato un burrone sul cui fondo correva un torrente, iniziò a trasformarsi in un placido laghetto alpino, cambiando radicalmente il panorama.

Ovviamente, tra i residenti c'erano stati i favorevoli e i contrari. Da una parte i sostenitori della modernità, delle fabbriche, del posto di lavoro fisso. Dall'altro i custodi della tradizione che facevano soprattutto leva sulla possibilità che la diga crollasse.

Al di sopra delle opinioni di tutti costoro c'era stata la Volontà della Ragion di Stato, cioè non solo l'esigenza di mitigare la fame d'energia elettrica del Paese ma anche l'occasione di mostrare al mondo l'abilità delle locali maestranze per aggiudicarsi appalti all'estero, perché l'aumento del fabbisogno energetico era una questione planetaria.

Come era accaduto con altri posti, come accadeva sempre in questi casi, c'erano state le solite cassandre. Persone si erano divertivano a spaventare gli altri con le loro premonizioni apocalittiche.

Questa, in breve, era stata la cronistoria della vallata negli ultimi anni, quelli che stavano trasformando Enzo da ragazzo in uomo.

CONTINUA